BONUS PSICOLOGO 2025

A partire da giorno 15 Settembre 2025, fino al 14 Novembre 2025, sarà possibile presentare le domande per sostenere le spese per i percorsi psicoterapeutici (anche online).

Torna infatti il contributo economico erogato dall’INPS a favore di coloro che, avendo determinati requisiti, presenteranno domanda e rientreranno tra i beneficiari.

COS’E IL BONUS PSICOLOGO?
E’ una misura di sostegno rivolta a coloro che desiderano prendersi cura del proprio benessere psicologico e intraprendere un percorso psicoterapeutico.
Possono beneficiare tutti coloro che rientreranno nella graduatoria. Se la domanda verrà accettata, l’INPS comunicherà un codice alfanumerico personale necessario per richiedere il bonus.

𝗔 𝗤𝗨𝗔𝗡𝗧𝗢 𝗔𝗠𝗠𝗢𝗡𝗧𝗔 𝗜𝗟 𝗩𝗢𝗨𝗖𝗛𝗘𝗥?

  • 1.500 € per redditi con ISEE inferiore a 15.000 €
  • 1.000 € con ISEE da 15.000 a 30.000 €
  • 500 € con ISEE da 30.000 a 50.000 €

𝗖𝗢𝗠𝗘 𝗣𝗥𝗘𝗦𝗘𝗡𝗧𝗔𝗥𝗘 𝗗𝗢𝗠𝗔𝗡𝗗𝗔?

  • Tramite sito 𝘄𝘄𝘄.𝗶𝗻𝗽𝘀.𝗶𝘁 accedendo con SPID, carta di identità elettronica (CIE) o carta nazionale dei servizi (CNS) e cliccando su “𝗖𝗼𝗻𝘁𝗿𝗶𝗯𝘂𝘁𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝘀𝗼𝘀𝘁𝗲𝗻𝗲𝗿𝗲 𝗹𝗲 𝘀𝗽𝗲𝘀𝗲 𝗿𝗲𝗹𝗮𝘁𝗶𝘃𝗲 𝗮 𝘀𝗲𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗽𝘀𝗶𝗰𝗼𝘁𝗲𝗿𝗮𝗽𝗶𝗮

A conclusione della finestra temporale di presentazione delle domande, verrà pubblicata la graduatoria dei beneficiari in base all’ISEE e all’ordine cronologico di arrivo delle richieste, pertanto è bene essere muniti della documentazione e presentare domanda prima possibile.

Presso il mio studio sarà possibile utilizzare il BONUS in quanto aderisco come Psicologo Psicoterapeuta per cui per qualsiasi info contattami pure.

Dott.ssa Claudia Giusi Giuffrida
Psicologa Psicoterapeuta
Via Firenze 123, AciCastello (CT)
☎️ 3495419858
📧 c.giuffrida@hotmail.it

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Dott.ssa Claudia Giusi Giuffrida Psicologa

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Gruppi di sostegno per l'elaborazione del lutto
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La Valutazione Psicologica per l’idoneità all’intervento di Chirurgia Bariatrica

L’ Obesità è una patologia cronica multifattoriale, determinata da fattori genetici, ambientali e psicologici, in parte modificabili. E’ caratterizzata da uno squilibrio del bilancio calorico, ovvero l’introito calorico introdotto con l’alimentazione è maggiore del dispendio energetico, ovvero rispetto alle calorie “bruciate” tramite esercizio fisico. Ciò determina un accumulo delle scorte energetiche sotto forma di tessuto adiposo, che ricopre gli organi interni e a seconda della localizzazione può risultare più o meno pericoloso per la salute.

Fallire ripetutamente ai tentativi dietetici, innesca considerazioni negative circa sè stessi nonchè determina l’emergere di emozioni quali tristezza, insoddisfazione personale, genera bassa autostima, disagio sociale ecc. In molti casi, gli individui stanchi di vedersi in un corpo obeso e consapevoli delle numerose complicanze mediche che possono insorgere a causa della loro condizione di salute, decidono di ricorrere all’intervento di chirurgia bariatrica.

Trattandosi di un delicato intervento chirurgico, il candidato alle procedure bariatriche deve soddisfare numerosi requisiti medici e psicologici. Gli interventi di chirurgia bariatrica presuppongono infatti una serie di accertamenti prima dell’intervento, tra cui una valutazione delle condizioni psichiche ed emotive, svolta da un professionista della salute mentale.

Viene infatti richiesta l’idoneità all’intervento e per tale ragione coloro che desiderano effettuarlo, vengono sottoposti a colloquio clinico e somministrazione di test psicodiagnostici per indagare approfonditamente il funzionamento psicologico ed escludere la presenza di disturbi e stati psicopatologici che per gravità potrebbero rappresentare delle controindicazioni alla chirurgia bariatrica.

Mediante il colloquio clinico viene indagato lo stato psicologico e personologico dell’individuo attuale e pregresso, la storia del peso e dei trattamenti dietetici intrapresi, l’analisi del comportamento alimentare, la motivazione all’intervento, le aspettative, l’immagine corporea e la qualità della vita.

La presenza dello psicologo-psicoterapeuta, ha infatti un ruolo centrale sia nel pre che nel post operatorio, in quanto permette di individuare le risorse di cui la persona dispone che rendono possibile la compliance,
facilitando l’adesione alle prescrizioni prima, durante e nel post -intervento.

Giornata Mondiale della Salute e Sicurezza: “La prevenzione è la soluzione”

Oggi 30 Aprile 2024, in occasione della Giornata mondiale della Salute e Sicurezza, si è svolto a Palermo l’evento denominato “La prevenzione è la soluzione”, evento realizzato presso i Cantieri Culturali alla Zisa e organizzato dall’Assessorato Regionale della Salute, finalizzato a promuovere la cultura della sicurezza.

In collaborazione con l’Asp di Enna, ho preso parte all’iniziativa proponendo ai giovanissimi studenti partecipanti un gioco educativo, costruito insieme ad altre colleghe psicologhe, come strumento sperimentale per rendere più accessibile e divertente la trasmissione di conoscenze e informazioni cruciali sul benessere e sulla prevenzione della salute. Attraverso il gioco ed attività esperienziali, i numerosi giovani studenti sono stati coinvolti su tematiche estremamente importanti e spesso poco affrontate sui banchi di scuola.

Finalità dell’iniziativa è stata la promozione della cultura della salute e della sicurezza sul lavoro, con il diretto coinvolgimento della cittadinanza e, soprattutto, degli Istituti Scolastici.

SETTIMANA DEL CERVELLO 2024

Anche quest’anno, in occasione della Settimana mondiale del cervello 2024, aderisco all’iniziativa che promuove la prevenzione e il benessere psicologico tramite incontri gratuiti.

Dall’11 al 16 Marzo 2024 sarà possibile scegliere tra due eventi, uno di screening delle funzioni cognitive ed uno sportello d’ascolto (Ansia, Fobie, Attacchi di panico, Depressione ecc).

E’ utile effettuare uno screening cognitivo se:
● dimentichi date ed eventi importanti;
● perdi spesso oggetti;
● hai difficoltà a trovare parole che di solito padroneggi;
● perdi il filo in conversazioni, film o libri;
● ti senti irritabile o ansioso;
● la famiglia o gli amici ti incoraggiano a fare una visita.

➤ In cosa consiste uno screening cognitivo?
Consiste nel rispondere ad una serie di domande o svolgere semplici compiti progettati per misurare funzioni mentali come memoria, attenzione, linguaggio, capacità di riconoscere oggetti.

➋ Il secondo evento “Sportello d’ascolto” è invece rivolto a coloro che manifestano malessere psicologico e desiderano comprendere meglio se stessi, le cause del disturbo,  i meccanismi che alimentano tali disagi e soprattutto come intervenire per ripristinare uno stato di benessere. La vita di tutti i giorni con i suoi ritmi frenetici, induce sempre più spesso a convivere con forme di stress, e non di rado porta a sperimentare stati d’ansia, fobie ed episodi di attacchi di panico.

☛ Se vuoi prenderti cura della tua salute cognitiva, prenota subito il tuo appuntamento:☚
☎ 3495419858
✉ c.giuffrida@hotmail.it

EMDR

Che cos’è l’ EMDR?

L’ EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è una metodologia psicoterapeutica utilizzata per il trattamento del trauma e delle problematiche legate allo stress, soprattutto allo stress traumatico. Essa ha ricevuto numerose conferme scientifiche sull’efficacia nel trattamento dei traumi ed è riconosciuto come metodo evidence based.

Coloro che si trovano a vivere esperienze particolarmente traumatiche e/o stressanti dal punto di vista emotivo, non di rado continuano ad avere ricordi disturbanti legati all’evento passato, sebbene siano trascorsi svariati anni dal momento in cui esso è avvenuto.

Ricordi e pensieri intrusivi, incubi, comportamenti di evitamento, iperarousal neurovegetativo, costante sensazione di pericolo, sono solo alcuni sintomi legati al trauma.

Ciò avviene poichè il cervello non è riuscito ad elaborare determinate informazioni in modo adeguato, pertanto è come se l’evento passato, fosse sempre attuale.

L‘ EMDR mediante i movimenti oculari e altre forme di stimolazione bilaterale, facilita la desensibilizzazione e la rielaborazione, ovvero i ricordi disturbanti perdono la loro carica emotiva negativa. Ciò rende possibile un rapido cambiamento, indipendentemente dagli anni che sono trascorsi dall’evento. L’immagine cambia nei contenuti e nel modo in cui si presenta, i pensieri intrusivi in genere si attutiscono o spariscono, diventando più adattivi dal punto di vista terapeutico e le emozioni e sensazioni fisiche si riducono di intensità.

L’elaborazione dell’esperienza traumatica grazie all’EMDR permette di cambiare prospettiva, cambiando le valutazioni cognitive su di sé, incorporando emozioni adeguate alla situazione oltre ad eliminare le reazioni fisiche.

L’ EMDR permette di prendere le giuste distanze dal ricordo dell’esperienza traumatica, affrontandolo come facente parte del passato. I pazienti trattati con EMDR riferiscono infatti che, ripensando all’evento, lo vedono come un “ricordo lontano”, non più disturbante o pregnante dal punto di vista emotivo.

L’ EMDR non viene utilizzato esclusivamente per il trattamento dei traumi, ma anche per il trattamento di varie patologie e disturbi psicologici come ad esempio depressione, ansia, fobie, lutto acuto, disturbi dell’alimentazione, sintomi somatici e dipendenze.

LE BASI DELL’ EMDR?

Il modello alla base dell’EMDR è quello dell’elaborazione adattiva dell’Informazione (AIP). L’evento traumatico vissuto dal soggetto viene immagazzinato in memoria insieme alle emozioni, percezioni, cognizioni e sensazioni fisiche disturbanti che hanno caratterizzato quel momento. Queste informazioni immagazzinate in modo disfunzionale, non vengono elaborate ma restano “congelate” all’interno delle reti neurali e incapaci di mettersi in connessione con le altre reti con informazioni utili, generando malessere e sfociando in patologie come il disturbo da stress post traumatico (PTSD) e altri disturbi psicologici. 


E’ importante sottolineare come il ricordo non viene eliminato, ma integrato in una prospettiva più adattiva. L’obiettivo dell’ EMDR è quello di ripristinare il naturale processo di elaborazione delle informazioni presenti in memoria per giungere ad una risoluzione adattiva attraverso la creazione di nuove connessioni più funzionali.

Psicoterapia cognitivo-comportamentale

Spesso quando ci si rivolge ad un professionista della salute mentale si fa confusione tra figure professionali differenti quali lo psichiatra e lo psicologo-psicoterapeuta. Entrambi operano nell’ambito della salute mentale, ma a differenza del primo che tratta la problematica da un punto di vista farmacologico, il secondo interviene mediante tecniche che non passano dall’utilizzo dei farmaci, ma variano a seconda dell’orientamento teorico dello psicologo.

L’orientamento che io seguo e per cui sono formata, è quello cognitivo comportamentale. Esso è riconosciuto a livello mondiale come il più efficace per il trattamento del disagio psicologico e quello che evita le ricadute e le nuove crisi, sono molte le evidenze scientifiche che lo confermano.

Non pensate al classico lettino su cui sdraiarvi come appare nei film, ma pensate più ad un lavoro che mediante colloqui, test psicodiagnostici, esercizi e tecniche varie, si propone di lavorare e modificare i propri processi di pensiero, quelli che alimentano una percezione di sè negativa, incrementano l’ansia e la paura, sfociano nel panico o inducono all’isolamento sociale. Lavorare sui propri processi di pensiero significa modificare il proprio dialogo interno, “ciò che diciamo a noi stessi e ci ripetiamo ogni giorno”, che ci inducono a credere nelle nostre capacità e risorse o al contrario alimentano il malessere.

Le emozioni provate sono infatti il risultato dei nostri pensieri, per tale ragione mediante la psicoterapia cognitivo-comportamentale si lavora apportando modifiche ai pensieri automatici disfunzionali, rendendoli maggiormente sani, utili e realistici. Emozioni, pensieri e comportamenti, sono in stretta relazione tra loro, per tale ragione modificare questo rapporto si rivela più efficace dei trattamenti farmacologici, che aiutano certamente ma non eliminano le cause che hanno condotto alla problematica.

Essa è focalizzata sul qui ed ora ai fini di attivare in breve tempo tutte le risorse della persona e liberarlo dal problema che spesso lo imprigiona da tempo, indipendentemente dalle cause.

Si concordano insieme gli obiettivi da raggiungere e si insegnano strategie pratiche e concrete da poter mettere in atto fuori dallo studio.

Per consultare quali sono alcuni tra i molteplici ambiti di intervento fai clic qui.

Per qualsiasi informazione o se desiderate intraprendere un percorso terapeutico non esitate a contattarmi.

Valutazione psicodiagnostica

Cosa si intende per valutazione psicodiagnostica?

La valutazione psicodiagnostica costituisce un percorso valutativo in grado di raccogliere informazioni ai fini di una diagnosi e/o valutare l’efficacia di un trattamento psicoterapeutico. Attraverso il colloquio clinico e la somministrazione di test specifici, a seconda degli obiettivi, è infatti possibile comprendere meglio stati d’animo, processi cognitivi, struttura di personalità, difficoltà e risorse personali.

Quando si effettua una valutazione psicodiagnostica?

Gli accertamenti possono essere richiesti per comprender meglio il proprio stato di salute, se vi sono problematiche e non riuscite a spiegarvi cosa vi sta accadendo, o se occorre presentare una certificazione che attesti il proprio stato psicologico come ad esempio nel caso di interventi di chirurgia bariatrica, in cui occorre dimostrare di essere idonei all’intervento; o nel caso di valutazioni neuropsicologiche, in cui lo specialista Neurologo richiede una valutazione del funzionamento cognitivo in caso di deterioramento, traumi, patologie neurodegenerative ecc.

Come si svolge?

Tramite colloquio clinico e la somministrazione di test psicologici accreditati in ambito scientifico nazionale ed internazionale, è possibile esplorare aspetti della personalità, la dimensione emotiva-affettiva, relazionale e cognitiva. A conclusione della valutazione verrà rilasciata una relazione che certifica quanto emerso.

Esempi di valutazioni di cui mi occupo :

➤ Valutazione del funzionamento intellettivo

➤ Valutazione della personalità

➤ Valutazione dell’idoneità all’intervento di chirurgia bariatrica

➤ Valutazione neuropsicologica

➤Accertamento e diagnosi di condizioni specifiche quali ansia, depressione ecc.

Intervista rilasciata per New Sicilia sulla Nomofobia

Di tanto in tanto vengo contattata per rilasciare interviste su tematiche psicologiche di grande attualità, così come lo scorso 03/08/2020 in cui mi è stato chiesto di affrontare la tematica della Nomofobia, una problematica molto diffusa e legata all’utilizzo disfunzionale degli strumenti tecnologici ed in particolar modo dello smartphone.

Riporto l’intero articolo scritto dalla gentilissima Dott.ssa Dalila Di Costa, giornalista presso NewSicilia, che ha condotto l’intervista e scritto il sottostante articolo. Buona lettura 🙂

CATANIA – Al giorno d’oggi tutti possiedono uno o più cellulari: giovani, adulti e in alcuni casi anche anziani. Vuoi per necessità, per lavoro o per qualsiasi altra ragione. Al contempo, però, viviamo con l’esigenza di essere sempre reperibili, cercando l’operatore che “prenda” ovunque.

Immancabile, negli zaini e nelle borse, la presenza del powerbank – quasi come una sorta di “salvavita” per le emergenze, in modo da avere sempre la batteria carica, perché va bene tutto ma se lo smartphone si scarica, diventa un “problema”. Esiste, però, come ogni cosa, un discrimine ben preciso tra quella che consideriamo la “normalità” e quello che configura, invece, un vero e proprio disturbo che può portare a conseguenze ben peggiori.

Nello specifico, la dipendenza acuta da cellulare, con annessa paura di perderlo o non averlo a portata di mano e di disporre sempre di credito a sufficienza, è la cosiddetta nomofobia, considerata la “malattia” del nostro secolo. Ai microfoni di NewSicilia è intervenuta la psicologa Claudia Giusi Giuffrida, che si occupa proprio di disturbi d’ansia, dell’umore, panico, fobie, difficoltà comunicative, relazionali e problemi di autostima, per spiegarci di cosa si tratta: “La nomofobia o Sindrome da disconnessione è un termine che deriva dall’anglosassone ‘no-mobile phobia‘, utilizzato per indicare una condizione psicologica caratterizzata da malessere e sofferenza generata dal non avere con sé il proprio smartphone e soprattutto dalla preoccupazione di rimanere disconnessi dalla rete mobile e non essere rintracciabili“.

Abitudini sempre più frequenti quali rimanere connessi gli uni con gli altri, aggiornare ripetutamente il proprio stato e/o controllare quello altrui per non perdere informazioni, fanno sì che si entri in un circolo vizioso pari a quello di una qualsiasi forma di dipendenza per cui, se per qualche motivo non è possibile procedere come di consueto, poiché la batteria è scarica, manca la connessione o si dimentica il dispositivo, il nomofobico si trova a sperimentare un forte stato d’ansia, fino a sfociare in vero e proprio panico“, ha aggiunto.

Ci sono degli atteggiamenti tipici da attenzionare per capire quando si è di fronte ad un caso del genere e quando no. La dottoressa, a tal proposito, ci ha illustrato tutti i possibili “campanelli d’allarme”: “I segnali principali sono rintracciabili in un’ampia gamma di comportamenti disfunzionali come ad esempio l’utilizzo prolungato del telefono o tablet; controllare continuamente cosa gli amici condividono nei diversi social network; commentare e condividere informazioni; non spegnere mai il proprio smartphone neanche nelle ore notturne e dormire con il dispositivo nel letto; svegliarsi di notte e controllare i vari aggiornamenti; utilizzare lo smartphone in posti e momenti poco pertinenti quali il bagno, il cinema, durante i pasti; monitorare costantemente lo schermo del dispositivo per verificare se sono presenti notifiche, chiamate o messaggi“.

Effetti negativi sia sulla salute mentale che fisica. La dipendenza da cellulare, infatti, come spiegato dalla psicologa Claudia Giusi Giuffrida, diventa problematica se si superano i limiti: “A differenza di una normale apprensione legata alla possibilità di rimanere senza il proprio telefono, si può parlare di nomofobia quando tali preoccupazioni appaiono sproporzionate ed esagerate e la persona presenta sintomi fisici quali battito cardiaco accelerato, alterazione della funzionalità respiratoria, disorientamento, dolore al torace, sensazioni di vertigini, tremori, sudorazione e agitazione, simili ad un attacco di panico”.

Ma non è tutto: “Il disturbo si caratterizza, inoltre, oltre che dalla presenza di comportamenti disfunzionali, anche da pensieri irrazionali quali la convinzione di poter perdere informazioni importanti se non si è connessi ad internet. Il soggetto non ha più il controllo, la modalità di un utilizzo sano e non riesce a fare a meno di una connessione dati e di un dispositivo tecnologico“.

Questa forma di dipendenza, come detto, comporta conseguenze importanti sia sul piano psicologico che emotivo e sociali. Il tutto ha forti ricadute sul soggetto e sulle relazioni sociali: “Lo stato di tensione, stress, nervosismo, ansia e paura incide sulle abitudini quotidiane e sul rapporto con gli altri, determinando isolamentobassa autostima, instabilità emotiva, aggressività e difficoltà di concentrazione. Effetti negativi si riscontrano anche nell’alterazione sonno-veglia e nella compromissione delle funzioni cognitive quali ad esempio attenzione e memoria“.

Come ci ha spiegato la dottoressa, sebbene tali disturbi siano abbastanza diffusi in tutte le fasce d’età della popolazione, i soggetti maggiormente a rischio sono i giovani dai 18 ai 25 anni. Il perché è presto detto: “Alla base vi è un senso di insoddisfazione della propria vita e delle relazioni sociali e lo strumento tecnologico diventa inconsapevolmente un mezzo di difesa, protezione ed evasione da ciò che spaventa nella vita reale“.

Si compie, così, una sorta di “manipolazione inconsapevole” e si diventa assoggettati completamente a un semplice oggetto. Una dipendenza, quindi, da non sottovalutare, ricordando che è importante riprendere il contatto con la realtà mettendo in atto alcuni accorgimenti, ma se da soli non si riesce è bene rivolgersi ad un professionista specializzato, tenendo a mente che non è una vergogna chiedere aiuto.

Una volta individuato il soggetto che soffre di nomofobia, pertanto, si deve intervenire. Ecco i consigli della nostra intervistata, esperta nel campo, per superare il problema e ritornare, in un certo senso, “a vivere”: “Dal momento che lo smartphone diventa spesso il principale strumento attraverso il quale ci si relaziona con gli altri, occorre innanzitutto ristabilire il contatto con il mondo circostante, cercando di godere e trovare soddisfazione nelle attività e rapporti interpersonali ‘reali’. Un’utile strategia è dedicarsi ad interessi e hobby che donano piacere, come ad esempio leggere un libro, trascorrere del tempo all’aria aperta, praticare sport o stare con gli altri”.

E ancora: “Occorre, inoltre, imporsi dei limiti in modo da separarsi gradualmente dal dispositivo, introducendo regole quali spegnere il telefono la notte o tenerlo lontano durante i pasti. Ancora, disattivare le notifiche o la suoneria può essere un accorgimento importante, in modo da impedire il richiamo continuo e la tentazione di utilizzare lo smartphone“.

Ebbene sì, la nomofobia è ufficialmente, quindi, la nuova “malattia” del XXI secolo. In parte tutti ne siamo affetti, chi più chi meno, ma ciò che conta è esserne consapevoli e frenare il più possibile gli effetti veramente dannosi. In passato, si era meno connessi ma più presentioggi – paradossalmente – la tecnologia ci ha uniti tutti, accorciando le distanze, e il risultato è che siamo sempre online ma “assenti”, poiché abbiamo alzato un “muro” ben più grande. Tutti con gli occhi sullo schermo del proprio smartphone, tutti col telefono tra le mani, sostituendo anche gli abbracci ai like. Si può essere vicini in un attimo ma, nello stesso tempo, abbiamo rinunciato a tanto altro che ha caratterizzato i secoli passati e di cui, oggettivamente, se ne sente la mancanza.